Sono anni che si realizzano esperimenti sulla realtà virtuale, persino fin da prima che i PC iniziassero a processare la grafica. Poco a poco, la tecnologia sta diventando capace di creare mondi virtuali che sembrano reali. Negli ultimi tempi sono state fatte nuove scoperte, ma non è facile trasformare in un solido business le tecnologie legate alla realtà virtuale.
Creare nuovi mondi è un’impresa rischiosa e costosa; al momento la domanda di questa tecnologia è legata principalmente al settore dei videogiochi e, in certi casi, a quello educativo. Ovviamente si tratta di due settori molto grandi, ma gli adulti che possono permettersi questi ‘giocattoli’ difficilmente li usarebbero per giocare, e ancora meno per studiare.
Ecco perché l’industria ha iniziato ad interessarsi alla realtà umentata. Il concetto ruota attorno all’arricchimento della percezione sensoriale sovrapponendo diversi livelli informativi (2D, 3D, grafica…) all’ambiente reale. In questo modo, il raggio d’azione è maggiore, il che si traduce in un maggior profitto per un rivenditore che vuole commercializzare tecnologie legate alla realtà aumentata (a cui ci si riferisce spesso con la sigla AR, argumented reality). Si può persino pensare di creare prodotti specifici per il settore aziendale, dato che questo segmento è più predisposto a sborsare quattrini.
Tuttavia, per questa grande idea commerciale, c’è un grande ostacolo sul cammino che porta al successo: la praticità di utilizzo. Nel caso delle tecnologie legate alla realtà virtuale, l’utente è fisso, si trova sempre nella stessa posizione e non si sposta. La realtà aumentata, invece, dà per scontato che gli oggetti virtuali vengano integrati nella vita reale, ovvero vengano indossati, si muovano insieme a chi li usa.
Questo significa che un utente dovrebbe semplicemente vivere una vita normale, affrontando senza problemi le faccende quotidiante, ma con il suo orologio smart con display head che visualizzerà per lui informazioni interessanti ed utili sul mondo che lo circonda.
Qui è dove inizia la parte difficile: oggi, con la tecnologia a nostra disposizione al momento, è impossibile creare una batteria capace di dare energia agli hardware integrati in queste tecnologie. Non è nemmeno una buona soluzione usare componenti meno potenti, perché se si procedesse in questo modo non si potrà assicurare che la realtà sia ‘sufficentemente aumentata’.
Nonostanteciò le aziende investono molto nella ricerca sulla realtà aumentata, almeno per scopi futuri: un giorno quando esisteranno le batterie adatte e hardware capaci di offrire una performance migliore per pollice cubo, sarà proprio in quel momento che inizierà il business della realtà aumentata.
Sono sicuro che i nostri lettori hanno già sentito parlare dei Google Glass. Ora, è tempo di parlare della ‘risposta asimmetrica’ al concetto degli occhiali di Google: è arrivato HoloLens, il visore per la realtà aumentata di Microsoft.
Il visore ha fatto la sua entrata in scena nel gennaio del 2015 con il lancio di Windows 10. In quel periodo, l’intera dimostrazione consisteva in una presentazione su palcoscenico di HoloLens e un paio di video promozionali su schermo. Devo ammettere che quello che viene mostrato nel video è davvero eccitante.
Durante il Microsoft Build 2015, l’evento aziendale dedicato ai developer tenutosi a fine aprile, HoloLens ha ricevuto moltissime attenzioni e diverse centinaia di persone hanno potuto partecipare ai test, tra cui il qui presente.
HoloLens era lì sul parco, sembrava una visione. In realtà sul palco non succedeva nulla, quello che si vedeva era un gruppo di persone che indossavano degli elmetti e muovevano le mani da una parte all’altra. Sullo schermo però venivano visualizzati i video. Ed era lì che si produceva la magia.
Una persona con l’elemetto camminava in una stanza virtuale; su di un comodino c’erano degli oggetti in 3D (praticamente indistinguibili da quelli reali!), mentre gli oggetti reali venivano “edulcorati” da affascinanti add-on, il tutto in tempo reale.
Poi è stato mostrato un corpo umano, i vasi sanguigni, i muscoli e il sistema nervoso, e la ragazza sul palco ha dimostrato come esaminare (virtualmente) il corpo. Si tratta di un modo per imparare anatomia nei laboratori di medicina, e devo ammettere che il modo in cui lo fa HoloLens è davvero interessante.
Microsoft non ha dato molte informazioni sulla parte interna dell’elmetto. Tutto quello che sappiamo per il momento è che si tratta di un complesso HPU (Holographical Processing Unit) capace di dar vita agli ologrammi e che Windows 10 si occupa del resto. A questo punto, permettetemi di esprimere qualche appunto.
In primo luogo, HoloLens dovrebbe essere chiamato “HolyLens” (da holy, sacro): è evidente che è coinvolta la divisione israeliana di Microsoft, a cui vanno i ringraziamenti per aver sviluppato il motion controller Kinect. Kinect ha contribuito alla creazione di molte feature e capacità di HoloLens e ci sono voci che sostengono che la “Terra Santa” ha contribuito molto allo sviluppo delle tecnologie AR su cui si basa Microsoft.
In secondo luogo, è piuttosto plausibile che l’Intel Core M potenzi HoloLens dato che in realtà non è altro che un computer completamente sviluppato. Il chip di Intel è l’unico processatore capace di garantire alte prestazioni senza la necessità di attivare il raffreddamento del processatore, dato che HoloLens non ha il ventilatore. Naturalmente ci sarà un’altro hardware che affiancherà la presunta versione commerciale di HoloLens, ma al momento non ci sono altre versioni del prodotto.
#HoloLens di #Microsoft: @vilianov tocca il futuro
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Dopotutto, il sistema sembra piuttosto promettente. Che dire sulla demo?
Di solito, le demo “segrete” vengono tenute in “segreto”. Beh, gli esperti di Microsoft non avrebbero mai organizzato l’evento in sale riunioni piccole e nascoste, quindi la demo di HoloLens ha avuto luogo in un hotel non lontano dal Moscone Center (il centro congressi più grande di San Francisco) e ha occupato due piani. Si poteva accedere all’evento solo su invito, concesso espressamente da Microsoft.
Prima di farci provare l’ “oggetto magico”, ci è stato mostrato il modo appropriato di collocare l’elmetto sulla testa (mantenendolo con le due mani simultaneamente!); poi viene misurata la distanza tra pupilla e pupilla, e mostrata una breve presentazione dove si vedono due giovani uomini lavorare su di un modello 3D di un edificio via Skype.
Ah! Un’altra cosa: poco prima della demo, ci è stato detto che tutti i dispositivi elettronici, tra cui smart watch e telefoni, non erano ammessi; dunque l’unica prova che dimostra la mia partecipazione alla demo sono le foto del prototipo dell’elmetto nella scatola di vetro e una maglietta con la foto dell’elmetto.
Una volta superata la parte di preliminari preparazione iniziale, la Microsoft ci ha portato al 27º piano dell’hotel dove erano state organizzate diverse zone demo per provare HoloLens in varie stanze. Prima dell’inizio, il sistema aveva bisogno di avviare un processo di calibrazione altamente preciso per adattare le particolarità di ogni stanza al sistema, altrimenti il sistema non avrebbe funzionato. Quindi non tutte le stanze sono adatte, almeno per adesso.
A questo punto, con molta cautela, mi sono messo il tanto agognato elmetto, usando entrambe le mani seguendo le istruzioni. L’emetto era un po’ caldo, il che indicava che l’hardware stava operando al suo interno. L’elmetto veniva fissato in una posizione specifica, che corrispondeva ad un punto preciso del cervelletto. L’idea non era proprio piacevole dopotutto: di solito non soffro di mal di testa, ma in quel momento mi è venuto immediatamente.
Dieci minuti di HoloLens si sopportano molto bene, ma secondo me usare l’emetto per mezz’ora deve essere una tortura. Il casco di per sé è un po’ pesante, circa 800 grammi. Il fissaggio solido è obbligatorio: se i tuoi occhi si spostano dal centro del display, la magia finisce. L’emetto è compatibile con la maggior parte degli occhiali, a meno che tu non sia un fan sfegatato di quei modelli enormi.
Nella presentazione sembra che la realtà aumentata sia totalmente integrata nel mondo reale. In realtà non è così. Una volta indossato l’elemetto, puoi osservare quello che ti circonda attrverso le lenti della webcam da un distanza focale di almeno 50 mm.
Gli appassionati di fotografia avranno già capito cosa voglio dire, ma mi spiego meglio: le lenti 50 mm sono ottime per fografare natura morta o realizzare fotoritratti, ma non per foto panoramiche. L’angolo di campo è piuttosto limitato. Le prime immagini AR appaiono come attraverso una finestra quindi per vedere l’immagine intera, uno dovrebbe girare la testa con molta frequenza.
Durante la demo, mi è stato chiesto di guardare un modellino di cartone che rappresentava un complesso di edifici localizzato attorno ad una piazza vuota. Bisognava costruire un edificio in più nella piazza e io potevo vedere i modelli del futuri edifici.
Poi mi è stata offerta la possibilità di cambiare le dimensioni, ma non con l’aiuto dei gesti (quel tipo di magia è disponibile solo ai professioni della realtà aumentata) ma con il buon vecchio mouse. Ho ordinato dunque al sistema di far aumentare l’edificio di qualche piano, e l’edificio è aumentato. Per visualizzare i livelli superiori, ho dovuto per davvero alzare lo sguardo.
Poi sono rimasto piacevolmente colpito da una passeggiata virtuale attorno al nuovo edificio modellabile. Questo è stato il modo in cui mi sono potuto rendere conto delle pecche del design: per esempio, i supporti d’acciaio finivano a metà di una finestra! Ma a questo punto è spuntato fuori dal nulla l’ingegnere Richard.
Richard era una repplica pallida di un umano senza consistenza (deduco che la consistenza è troppo complessa per il processatore, e per ora non è sulla lista delle priorità). Richard ha mosso la finestra spostandola a destra e il problema si è risolto. Nella vita reale, però, un architetto che permette che questo accada sarebbe stato licenziato immediatamente.
Stavo osservando tutte queste manipolazioni, le finestre, la struttura d’acciaio e quello che stava succedendo “lì fuori”. La risoluzione dell’immagine della zona esterna alla finestra non era molto alta, nonostanteciò il risultato era notevole.
Poi ho visto un tubo difettuoso nel muro di fronte a me, molto realistico. Richard lo ha riparato in un batter d’occhio. A questo punto ho pensato che questo ragazzo, nonostante avesse un nome inglese, fosse in realtà russo, esattamente della località di Kemerovo, dove le persone sono un po’ dei “tuttofare”.
Proprio in quel momento finisce la demo. Per quanto ne sappessi, tutti godevano delle stesse condizioni, eravamo uguali; tuttavia alcuni erano “più uguali di altri”, quindi al mio collega americano sono state mostrate più cose. Ad ogni modo l’impressione iniziale era sufficiente per farsi un’idea delle potenzialità di HoloLens.
Assistiremo presto ad un lancio commerciale? No, non credo sia possibile al momento. La prima ragione è per via dell’hardware. Per poter diventare un conveniente oggetto ‘indossabile’ che si possa usare tutti i giorni, HoloLens dovrebbe essere molto più leggero e compatto, e avere una batteria capace di durare almeno un giorno.
È ovvio che entrambi i requisiti non possono essere rispettati al momento per via dell’hardware e soprattutto per le batterie. Inoltre, non va dimenticato che gli angoli di campo dovrebbero essere molto più ampi.
La seconda ragione è il software. Il software di base di HoloLens funziona abbastanza bene. Tuttavia, per invogliare all’acquisto, bisognerà aggiungere molti altri contenuti e di vario tipo, da modelli d’interni di lusso a interlocutori virtuali del sesso opposto, da imitazioni digitali di umani migliori a modelli 3D che si possono muovere con i gesti. Lo sviluppo di queste app da zero richiederà un sacco di fondi, sforzi e tempo.
Microsoft dovrà rifinire i suo elmetti, renderli più leggeri e più confortevoli; stabilire i passi da seguire per una produzione commerciale (al momento tutti gli elmetti sono assemblati a mano), rendere il processo di calibrazione impeccabile e user-friendly; distribuire dei campioni di elmetti agli sviluppatori per creare app, e poi aiutarli a creare dei prodotti interessanti. Solo allora sarà possibile pensare ad un piano di conquista del mercato. Per arrivare a questo punto ci possono volere anni, se non decenni. Potrebbero sorgere molti ostacoli lungo il cammino.
La realtà aumentata potrebbe inoltre rappresentare un grande pericolo. Alcuni hacker potrebbero compromettere i giochi per i bambini, creando orribili ologrammi di mostri capaci di saltare addosso ai nostri bambini. Ci dovremmo abituare ad indossare questi elmetti tutto il giorno, anche quando digiteremo il codice PIN in uno sportello bancario; in questo modo potremmo aprire le porte ad un Trojan. Il malware poi sarebbein grado di ricordare il numero della carta di credito, il PIN, il codice CVV, tutti i fattori di sicurezza necessari per compromettere il nostro conto in banca.
Le opportunite di raccogliere informazioni attraverso un elmetto come questo sono infinite: non è solo una semplice webcam che guarda in una direzione. La webcam dell’elmetto vede tutto quello che noi vediamo mentre lo indossiamo.
How direct neural interfaces work and how it refers to data security http://t.co/UZ9H7CmZQX
— Eugene Kaspersky (@e_kaspersky) May 1, 2015
Per non menzionare la questione della ‘interoperabilità’ tra la realtà aumentata e quella fisica. Immmaginiamo di essere completamente immersi nella visione di un film attraverso il display e improvvisamente appare un ostacolo nell’appartamento (per esempio una sedia o un muro). Ora pensate a quello che potrebbe succedere se ci trovassimo, diciamo, in metropolitana.
In definitiva, i benefici sono molteplici, così come i pericoli. Non serve elencare tutti i possibili modi in cui questa tecnologia potrebbe essere usata. Basta usare l’immaginazione.
Microsoft non è l’unica azienda che sta esplorando le possibilità della realtà aumentata. Se questa idea può essere un business, dozzine di startup emergeranno da dietro le quite per imitare i giganti della tecnologia. Nonostante al momento non si sappia ancora molto sulla futura disponibilità commerciale del prodotto, sono sicuro che un giorno ci sveglieremo e indosseremo uno paio di occhiali con realtà aumentata con la stessa facilità con cui oggi usiamo uno smartphone.
O forse solo i nostri figli ce lo diranno.