Se sei un genitore e stai sbirciando nel profilo Facebook di tuo figlio, tranquillo: non sei l’unico! Una nuova ricerca dimostra che il 60 % dei genitori americani sono d’accordo con te. Per di più la compagnia che ha condotto questo studio afferma che non stai facendo niente di male.
Negli USA, circa un genitore su quattro è collegato con i propri figli attraverso i loro profili sui social network, un dato piuttosto alto rispetto a quello di tutte le altre parti del mondo. Questo è quanto emerge da uno studio della nota compagnia Antivirus, AVG Technologies, che ha intervistato 4.400 genitori, in 11 paesi diversi, con figli di fascia d’età tra i 14 e i 17 anni. I genitori americani sono inoltre leggermente più interessati ai metodi con cui le scuole preparano i loro figli al mondo online: più della metà degli americani ha indagato in tal senso, mentre meno del 50 % dei genitori degli altri paesi ha agito allo stesso modo.
La statistica dimostra che i genitori osservano le attività online dei propri figli come se il mondo fosse tutto rosa e fiori. Solo un 20% degli intervistati crede che i propri figli accedano a siti porno on-line, mentre solo un quinto dei genitori sospetta che i propri figli possano mandare messaggi dai toni sexy ai propri amici. Allo stesso tempo l’80% dei genitori crede che i propri figli non abbiano mai provato, nella vita reale, a incontrare qualcuno che avevano precedentemente conosciuto on-line.
“Credo che il comportamento inappropriato ed insicuro degli adolescenti sul web sia ben più generalizzato e diffuso di quanto i loro genitori possano immaginare, ma è stato sempre così?” scrive lo specialista di sicurezza di AVG, Tony Anscombe, nel blog che accompagna lo studio.
Circa il 40% dei genitori che hanno preso parte allo studio, temono che il comportamento dei propri figli sul web possa influire sulle loro opportunità professionali nel mondo reale. Anscombe incoraggia i genitori a monitorare gli account dei loro figli, sia in segreto che apertamente. Lui stesso ammette di farlo, sebbene con il permesso del figlio, ma solo quando ritiene esista “una buona ragione”.